domenica 29 settembre 2013

Quando riusciamo a farcela

Neanche un mese dopo dalla mia quasi infinita trasferta di 9 ore all'aeroporto di Copenhagen ero già di nuovo in un altro aeroporto. A Orio, questa volta, e non più da sola, ma con l'unica amica con cui ho condiviso alcuni dei viaggi estivi più assurdi per ben due anni di seguito: dopo Budapest e Goteborg e una pausa di due anni dovuta ad altri motivi, eccoci di nuovo in partenza, destinazione: Regno Unito.

Non avevamo un piano ben definito, solo una serie di città in cui avevamo prenotato l'ostello e da cui, quindi, saremmo dovute per forza passare. L'aereo atterrava a Manchester e la notte dovevamo passarla a Nottingham.

Le lunghe attese in aeroporto favoriscono la riflessione personale e la valutazione dei futuri compagni di viaggio. Dopo aver arrancato col bagaglio a mano lungo la scala mobile bloccata, ma per fortuna in discesa, e aver esibito con orgoglio la mia carta d'identità con una foto degna di una comparsa in Sorry for party rocking dei LMFAO, eccoci nella sala d'attesa.

Mezz'ora di ritardo, gratis.
Mi accorgo di aver preso i pantaloni troppo stretti che mi stanno facendo un secondo punto vita, mentre Ambra cerca di capire se i dolori generali erano dovuti alla mancanza di sonno, a un'imminente influenza o all'episodio mensile di "Congratulazioni, non sei incinta!"

Poco prima di sederci ci sfreccia davanti un tizio in camicia e chioma fluente.
"A momenti mi investiva" dico, meditando di porre fine alla sofferenza slacciandomi i jeans.
"Vabbé, ma dove va conciato così?"
"Magari ha dimenticato qualcosa"
"Parlo dei capelli sporchi e dei baffi. Dai, i baffi?! Non vanno più da anni, ma neanche Miami Vice".

Solo Tom Selleck se li poteva permettere.
Non sto neanche a considerare Cleveland Brow di The Cleveland Show, dopo aver visto la puntata dove hanno tradotto in italiano I got a feeling dei Black Eyed Peas, quel programma andrebbe rilegato alla peggio fascia notturna dell'ormai scomparso Antenna 3.

Miami Vice continua a sfrecciare su e giù per la hall dell'aeroporto.
Ruba la scena a ogni altro personaggio presente, dalla bambina che raccoglie gli scontrini per mangiarli agli inglesi over 60 che fanno battutine e ridono da soli. E' lì con un amico senza baffi, si sistema la camicia, scuote la testa e non capisco se è tutta una manovra per attirare l'attenzione o è davvero molto sbadato e continua a dimenticarsi roba in giro, costringendolo a corse sulla falsa riga di Pochaontas nei boschi quando canta "Che ne sai tu della lince, che ne sai?".
Sfortunatamente, la saga di Miami Vice finisce presto: si imbarca su un altro volo. Piantona il gate con fare superiore difendendo il suo posto.

A proposito di gate, intorno al nostro inizia ad ammassarsi una piccola folla.
"Penso stia per aprire" dico ad Ambra, ci alziamo e ci avviciniamo.
Dopo qualche minuto mi rendo conto di essere stata vittima della "Legge del branco", una legge non scritta che però spinge i membri annoiati (o persi) di un tale gruppo a fare quello che fanno i membri più dinamici. Ai gate degli aeroporti succede spesso, basta che due si avvicinino al bancone per attirare l'attenzione: se altre persone si alzano e si avvicinano per un qualsivoglia motivo, nel giro di pochi minuti tutti sono in piedi in fila davanti al bancone senza capire perché.
Come se vedere una massa di gente con la valigia spingesse la hostess a iniziare le operazioni d'imbarco in anticipo per liberarsi di quegli sconosciuti che la fissano con aria interrogativa.

Sono questi i momenti in cui capisci che forse era meglio starsene seduti con calma e leggere i tweet deliranti di Amanda Bynes.



Il volo per Manchester dura 2 ore e mezzo e Ryanair ha messo a disposizione sulla tratta uno degli aerei più stretti mai concepiti nella storia dell'aeronautica civile, tanto che persino io, dall'alto del mio 1.60, quasi non riuscivo a starci con i piedi.

Sull'aereo abbiamo fatto conoscenza con un'altro personaggio che ci ha anticipato una caratteristica peculiare degli inglesi: sono sordi.
Che siano auricolari o cuffie, devono renderti partecipe di quello che stanno ascoltando, così ovunque tu sia, in treno, in stazione, per strada, al bar, ti ritrovi accanto una specie di Disco Stu che ha a cuore i tuoi interessi musicali.
Cosa sta ascoltando, non la conosci? Prendi qualche parola e se poi ti piace, butta quello che hai capito su Google.
Il ragazzo sull'aereo a un certo punto ha messo un brano talmente ossessivo, ripetitivo e fracassa timpani che a confronto l'ultimo minuto di Sexy Bitch di David Guetta è persino bello. La versione dell'album, non quella del video dove Guetta si aggira tra una selva di modelle in bikini a fare il pappone.

L'atterraggio a Manchester è stato degno di Lost, dopo aver ripreso colore e calma ci siamo avviate verso il controllo passaporti, che è davvero molto diverso dal controllo passaporti di Malpensa o Orio.
Fila tipo Gardaland, carta d'identità o passaporto alla mano, prima di iniziare a trascrivere i dati l'addetto controlla che la persona nella foto corrisponde a quella che presenta il documento e poi vai.
A Orio apri la carta d'identità e la fai vedere all'addetto senza neanche fermarti come Gardaland sì, ma con un piglio alla: "Scusi, scappo che altrimenti perdo il gommone del Colorado Boat".




A Manchester c'è stato solo il tempo per mangiare e accorgersi che gli inglesi non dimenticano, come gli Stark.
Dopo gli attentati del 2005 a Londra, ma in generale in tutto il Regno Unito, la soglia di attenzione nei luoghi pubblici è piuttosto elevata. Per esempio solo correre con uno zainetto sulle spalle attira l'attenzione di almeno una decina di poliziotti che ti seguono con sguardo torvo (non ho provato di persona, ma Ambra sì, a Buckingham Palace durante il cambio della guardia, un esperimento in grande stile).

Manchester è considerata un possible obiettivo, per scongiurare gli attentati terroristici la stazione ferroviaria è priva di bidoni della spazzatura. E per "priva" intendo che se devi buttare qualcosa in stazione o fermi l'addetto delle pulizie o tieni la spazzatura in tasca. Ho provato a uscire e cercare un cestino, ma sono stata investita da una tempesta subtropicale e sono rientrata immediatamente.


Quando si viaggia in treno c'è un'altra differenza fondamentale, almeno tra Italia e Regno Unito. Qualsiasi cosa si muova sui binari in Italia e ha la funzione di trasporto passeggeri è Trenitalia o Italo, in qualche caso sporadico. Le compagnie ferroviarie britanniche sono moltissime (e un po' te l'aspetti anche dal paese che ha inventato la ferrovia), ma alcune hanno una tratta ben definita.
Prendiamo la CrossCountry (http://www.crosscountrytrains.co.uk/) che opera prevalentemente nelle Midlands. Per arrivare da Manchester a Nottingham obbliga a passare da Birmingham, che è un po' come fare Milano-Torino passando da Genova.

Informarsi prima delle compagnie ferroviarie è troppo intelligente, quindi ci siamo affidate al caso e, per fortuna, c'era un treno diretto tra le due città, quasi 2 ore di viaggio.



Il paesaggio delle Midlands Orientali non è molto diverso dalla zona del Monferrato, colline basse, pascoli, pecore e altri animali lasciati liberi di gironzolare.
Ogni tanto vedo una balla di fieno e ricordo Petur, la nostra guida in Islanda che sembrava la versione isterica di Bruce Dickinson, dare una sberla a uno di quei cosi dicendo: "Anni fa, questi volevano dire ricchezza!".

Arriviamo a Nottingham e riecco apparire i bidoni della spazzatura in stazione.
Scopriamo, con grande sorpresa, anche dell'esistenza di un bus gratuito che fa il giro della città e che arriva quasi fino al nostro ostello. Nottingham è costruita su varie colline, non si impenna di colpo come Trieste, ma ogni tanto ci sono delle specie di zeppe che salgono lentamente e questo rende la presenza del bus gratuito ancora più gradita.

In ostello condividiamo la camera con altre 6 ragazze.

Gli ostelli meritano sempre un capitolo a parte. Sono decisamente più economici degli alberghi, ma sono  un terno al lotto, soprattutto quando si tratta di camerate condivise con sconosciuti. Mi son sempre piaciuti gli ostelli, paghi poco e hai occasione di conoscere un sacco di gente nuova e per (ovvero: intendo studenti con un budget inferiore al salario medio di una babysitter come la sottoscritta).
Le sale comuni degli ostelli sono caotiche, piene di persone che si raccontano dove vanno, cosa fanno, perché hanno scelto di venire in questa città. "E' tuo amico?" "No, l'ho conosciuto 5 minuti fa".
A Barcellona ho almeno una decina di foto con dei ragazzi conosciuti 5 minuti prima dove sembriamo migliori amici in vacanza studio.

Questi posti hanno la capacità di attrarre personaggi davvero surreali che vanno dal canadese gasato venuto in Europa per festeggiare (Interlaken), polacchi che giocano a carte con David Guetta a palla alle 3 del mattino (Budapest), il francese che tenta di svegliarti per fare sesso (Barcellona) o l'americana che urla su Skype con la madre per delle ore (Reykjavik).


Poi però sono arrivati gli smartphone.

E le sale comune degli ostelli sono diventate più o meno così:




Con l'aggiunta di qualche Disco Stu.


Appena entriamo nella nostra stanza c'è un pentolino là, in mezzo al pavimento.
Rito pagano, ospite disordinata o monito? Non voglio distruggere la composizione Feng shui di qualcun'altra, quindi lascio il pentolino dov'è.

Una delle ragazze è impegnata al pc, un'altra si pettina, gli altri letti sono vuoti.
Sembra nessuna si sia accorta del cambiamento di latitudine tra il corridoio (clima temperato umido) e la stanza (clima artico), forse anche la finestra spalancata fa parte del sistema di Feng shui. Il ricambio d'aria è sempre benvenuto in una camera affollata, ma quando è un orso polare quello che sta cercando di entrare è decisamente troppo.

Approfittando successivamente dell'uscita delle altre ospiti, abbiamo scoperto come in realtà chiudere la finestra è un rebus da ultime pagine della Settimana Enigmistica. Semplicemente le altre non hanno chiuso la finestra perché non capivano come si chiudeva. E non è stato facile, ma alla fine la missione è stata compiuta senza fare morti o danneggiare l'arredamento.

Quando si viaggia all'estero c'è sempre un'altra grande sfida, oltre agli arredamenti e alle docce col sistema di risparmio dell'acqua: i nomi.
"Se il ragazzo della reception era francese" dico, mentre mi arrampicavo sul letto a castello: "Come fa a non capire Valeria? Non è molto diverso da Valery o Valérie, c'è anche la canzone".
La palma d'oro alla storpiatura però va alla signora che mi ospitava ad Amburgo, convinta che il mio nome fosse Valeena, il secondo posto la signora islandese con Valgerður, sono sempre suggerimenti per cambiare identità o trovare la bottiglietta di Coca Cola con scritto il nome giusto.

E' lì che Ambra si affaccia dal letto di sotto con espressione rassegnata:
"Almeno il tuo nome è incomprensibile, ma non imbarazzante. Nel senso, quando io mi presento a un inglese loro capiscono sono reggiseno"

"Cosa?"
"Eh, Am bra. Hi, I am Bra"

"Non ci avevo mai pensato"
"Ora lo sai"
"Sei tipo la figlia di Vegeta, mica si chiamava Bra anche lei? Magari hanno trascritto male e si chiamava anche lei Ambra"

Evito una cuscinata sul naso.

E' il momento di girare per la città. Questo:



scatena un loop incontrollabile di trash anni 80 che fa sempre bene.

A un certo punto, in piazza, appena davanti all'edificio del comune, ho un'illuminazione
Young man, there's no need to feel down
"Ma..." 
...I said young man...
"Dimmi"

...pick yourself off the ground, I said...
"Sento che c'è un particolare di Notthingam che continua a sfuggirmi" 
...young man!
"Come? Guarda il tizio con lo skate, lo faccio io e cado dalle scale"
...cos you're in a new town
"Che ho una canzone che mi rimbomba in testa e non riesco a collegare, ma non saprei"
...there's no need to be unhappy, young man!
"Non nominarla"
...there's a place you can... you can...oddio, come va avanti? You can... come? No, you can GO!

In questo mezzo secondo di incertezza le sinapsi si collegano.
Distolgo lo sguardo dai tizi in skateboard, guardo Ambra ignorando il flusso dei pensieri che ora è quasi al ritornello.
"Ma Notthingham non è mica la città di Robin Hood?"



Meglio tardi che mai.





ziip.
...
ziiiiiiup. 


ziiiiiiiip.
...
ziiiiup.

E' ancora buio fuori.

ziiiiiiip
ziiiiiiiiiiup.

Accendo il telefono, 06:12

ziiiip. Bonk. Rumore di sacchetti accartocciati.
Mi affaccio da sotto al piumone. Ziiiiup.

La ragazza spagnola del letto davanti apre e chiude le cerniere della valigia. Apre ziiiiiiiip e chiude ziiiiiiiup, apre e chiude con quello che deve essere uno dei rumori dei primi gironi infernali.
"Devo mettere la sveglia alle 02:00, è un problema?" chiesi alla receptionist dell'ostello a Reykjavik che mi rispose con una scrollata di spalle e un "It's a hostel".
10 minuti e 20 cerniere per mettere via un pentolino.


Alle 9.30 ho già superato la coda dei bagni e sono pronta davanti all'ufficio della reception per ufficializzare il check out, mentre Ambra è di sopra in attesa che si liberi un lavandino.
La porta dell'ufficio si apre e il proprietario, una specie di versione meno pompata, più gay e decisamente francese di Jena Plissken esce in accappatoio e va verso i bagni.

L'attesa sarà lunga, dato che gli unici tre presenti nella sala comune sono un coreano, un belga e un'olandese con la faccia fissa sugli schermi dei loro pc. Scambio qualche parola con la ragazza, il belga parla olandese e mi spiega che è a Nottingham per un programma di master, ma non trova la casa. La ragazza è qui solo per partecipare alle feste studentesche (e chiamala scema), mi dice di avere già abbordato un tedesco che è in camera con lei.
Il coreano, annoiato da tutta quella interazione dal vivo, si dilegua.

Verso le 10 scende Ambra, appoggia la giacca sul divano e mi guarda:
"Sono italiani?"
"No"
Butta la borsa sul divano:
"Oh, ma quanto sono maleducati i cinesi?"
"Cinesi?"
"O coreana o checazzoneso. Non era in camera da noi, esce dopo aver fatto la doccia e lascia in bagno 3 dita d'acqua ovunque. Ti dico, navigava anche il tappeto, ha lasciato capelli ovunque. Volevo farmi la doccia, ma ora che asciugavo tutta la laguna facevamo mezzogiorno. Questa prende bella bella e se ne va".
"Dai, la fai stasera"
"Sì, ma non è tutto!" prende il mascara e si avvicina al micro-specchio della sala comune: "Hai presente il tizio della reception?"
Jena dei poveri "Eh, sì, è uscito prima in accappatoio".
"Ecco, io sono in bagno con la porta aperta, tanto mi lavo i denti e basta. Esco dal bagno e me lo trovo lì con la faccia perplessa che guarda l'acqua scorrere in corridoio. Lo guardo e gli dico: "Scusa, ma non sono stata io a fare tutto sto casino, ho il check out tra neanche mezz'ora, non ho tempo di sistemare i cinesi che giocano alla laguna di Grado" e me ne vado".

La guardo aspettandomi una reazione da parte di Jena.
"Non moppo a casa mia, ti pare che mi metto a moppare la merda di un'altra?"
"E lui?"
"Ha preso il mocho e ha iniziato a moppare".

Facciamo il checkout alle 10.30 con i saluti e i ringraziamenti di Jena.



Ci fermiamo a far colazione vicino al municipio. Ci sono 7 soli, ma l'aria è fredda e le nuvole sono in agguato. Mentre lei rimane al bar, io vado a cercare la cartolina da aggiungere alla mia collezione.
Gli inglesi amano moltissimo le card, quelle che noi usiamo come biglietti di compleanno, loro ne hanno a centinaia per oggi occasione, anche i funerali. Il risultato è che le cartoline sono tra le cose delle pacchianate indecenti, peggio anche di quelle delle città più sperdute della Svizzera: foto con gente in shorts davanti, scorci di città che non vogliono dire nulla, scritte in Comic Sans blu elettrico sulla facciata del castello.

La selezione della meno peggio dura una decina di minuti, mi fermo a fare qualche foto di una via laterale con il monumento di Brian Clough (Il maledetto United, libro e film consigliatissimi se amate il calcio o il cinema inglese) e rientro al bar.

Ambra, con un'espressione terrorizzata, incrocia il mio sguardo.
"Non trovo il cellulare"
"Ti chiamo"
"No, non lo sento in borsa. Devo tornare all'ostello"
"Sì, ti aspetto qua, col pullman tra andata e ritorno ci metti venti minuti a dir tanto".


Quasi 2 ore dopo diluviava e di lei non avevo ancora notizie.

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