martedì 29 ottobre 2013

Regine, principesse e sguattere del pop

Dopo essere riemersi dallo tsunami di polemiche che ha accompagnato l'ultima uscita di Robin Thicke ed essere rimasti a bocca aperta per l'ultimo, favoloso secondo me, lavoro dei Daft Punk ci sono stati altri fenomeni interessanti intorno a questa estate 2013 in ambito musicale.

Non voglio dilungarmi su una domanda come "Ma che cazzo ha fatto Pharrell in questi ultimi 10 anni?", ma che potrebbe essere un buon argomento di discussione, quindi ecco il fenomeno interessante di cui parlavo 3 righe fa: per quanto riguarda regine, principesse, contesse e sguattere del pop, l'estate 2013 è stato l'anno della rinascita.

Vado in ordine cronologico.



KATY PERRY - ROAR



In questi ultimi due giorni l'ho sentita in radio almeno quattro volte e devo dire che è ancora un ottimo risultato, visto che il singolo è uscito il 12 agosto. Per questo motivo vince il titolo di "Tormentone di fine estate" nella mia personale classifica (quello di inizio estate è Get Lucky, Daft Punk. Lo segnalo per completezza).

Roar è una specie di punto panoramico tipo terrazza di Basilea o sovrappasso della stazione Milano Certosa nel percorso musicale di Katy Perry. Ci sta dicendo che sta cambiando, come affronta il cambiamento e cosa potremmo aspettarci dal suo nuovo album (Prism, uscito tipo settimana scorsa). Fino a questo momento Katy aveva trito e ritrito i prodotti già sentiti in Teenage Dream, l'ultimo singolo era il surreale Wide Awake (maggio 2012). Roar è stato promosso con campagna promozionale all'insegna di Twitter, tra gli altri mezzi (con tanto di immancabile #Roar), e un video-lyrics basato tutto su uno scambio alla Whatsapp con le icone al posto delle parole che fa tanto ritardati.

Katy Perry era abituata a stupire con parrucche colorate (California Gurls), travestimenti divertenti (Last Friday Night) o apparecchiature strambe alla Lady Gaga (il reggiseno-spara botti di Firework). In Roar la prima novità è già il fatto che lei abbia un look naturale, ovvero senza parrucche, vestita in modo piuttosto sobrio rispetto a video precedenti. L'unica pecca è quel triplo strato di fondotinta, se le facessero i primi piani alla Sergio Leone riusciremmo a leggere Maybelline in fronte, ma è comunque un look più naturale rispetto a lavori precedenti. 
A occhi inesperti sembra che abbia in faccia solo "Un po' di colore e del nero sugli occhi" [cit.]




Sul testo niente da sottolineare, un altro brano che punta alla rinascita personale, alla rivalsa su chi ci ha sempre buttato giù e sul fatto che abbiamo la forza per rialzarci e tante altre belle cose che potremmo trovare solo in altri testi di Katy Perry o nelle canzoni dell'oratorio. Anche gli spezzoni divertenti rientrano nel classico. 
Esperienza personale? Senza dubbio, il divorzio da Russel Brand è ancora un argomento scottante, ma certo che se vai a sposarti un tizio come Brand non puoi aspettarti di prendere il the alle cinque e passare le domeniche pomeriggio sul divano a vedere Quo Vadis?

Il travestimento da regina della giungla è fenomenale e ha contribuito ad aumentare le visualizzazione su Vevo, vuoi per le ragazze che rimangono meravigliate dal suo fisico, vuoi per i ragazzi "Sono qui solo per vederle le tette" (che meritano davvero, tra l'altro).

Roar è spiritosa, colorata, un inno che può essere perfetto sia per una squadra amatoriale di pallavolo, facile anche da ricordare con animali buffi come la scimmia cappuccino tipo Barbossa dei Pirati dei Caraibi.

Katy Perry è stata un'araba fenice in questo 2013? Assolutamente sì.



LADY GAGA - APPLAUSE



Dall'uscita di Marry the night (novembre 2011) a questo Applause (12 agosto 2013, ancora), Lady Gaga ne ha passate di tutti i colori: tour annullati, operazioni all'anca, album rimandato, ruolo nell'ultimo film di Robert Rodriguez, rischio di finire nel dimenticatoio se non fosse stato per qualche coup de théâtre.

Premessa: non amo particolarmente il suo genere, però è brava in quello che fa. Decisamente brava.

Molti la davano già per spacciata e vedevano la partecipazione in Machete Kills come una via di fuga alla Justin Timberlake. La mia carriera musicale è finita, faccio quello che hanno fatto altri prima di me: mi do al cinema (o viceversa).

Ed è qui che arriva Applause, primo singolo del terzo album (ARTPOP, esce a novembre).
A differenza di Roar deve essere ascoltato almeno un paio di volte prima di essere davvero apprezzato, anzi, la prima volta che si ascolta non è neanche così bello.

Anche come testi siamo sulla riva opposta rispetto a Roar: Lady Gaga ha sì molto di autobiografico, ma non è l'autobiografico per il sociale di Katy Perry. Applause è una dichiarazione d'amore verso l'attenzione, il successo e verso i suoi fan, condita da tutti quegli elementi visivi che rendono unici i video di Lady Gaga. Non è un testo in cui puoi rispecchiarti, non ti infonde fiducia o forza

E poi bisogna ammetterlo: quel video è un'esperienza mistica.
Già dopo averlo visto una volta si capisce che è più vicino a un lavoro come Bad Romance o Alejandro piuttosto che Judas. Non che mi dispiaccia, sia chiaro, ma in Judas c'era pur sempre Norman Reedus.

Inoltre è uno dei pochissimi video che rispetta il brano e non aggiunge scene extra, un video di 3 minuti e mezzo per una canzone di 3 minuti e mezzo, non ci troviamo davanti a un'epopea come Telephone (9 minuti) o un brano diluito come Born this Way. E' significativo questo dato, perché vuol dire che il brano è perfetto così, senza fronzoli visivi.




E di fronzoli ne ha: citazioni di Botticelli, Pierrot, Janet Jackson (il reggiseno a forma di mano), Marilyn Monroe. C'è anche molta, molta autobiografia: Gaga mora che balla (gli esordi) o che sfila sollevando la gamba di un manichino (l'operazione all'anca). E qui, ancora come Katy Perry, si mostra molto più al naturale del solito e per "naturale" intendo davvero senza trucco. 

Lady Gaga è stata un'araba fenice in questo 2013? Ovvio.
Pochi giorni dopo l'uscita del video, Youtube è stato sommerso di parodie e prese in giro. E se c'è una parodia vuol dire che il prodotto ha avuto successo.



MILEY CYRUS - WRECKING BALL




Mh. 
Cominciamo da una domanda semplice: avete mai sentito (o anche solo sentito parlare) di Who owns my heart? Ricordatevi la risposta un momento.

Sono passati pochi giorni dal tornado degli MTV Video Music Awards, quando Miley Cyrus ha duettato con Robin Thicke strusciandogli il sedere sul pacco e mimando amplessi con un guanto di gomma.
L'atmosfera si era già surriscaldata con l'uscita di We can't stop (giugno 2013) che aveva bloccato in gola una serie di mugugni e proteste, tipo salatino del Despar che si pianta nell'esofago: i VMA sono stati il colpo di tosse secco che libera del suddetto salatino.

Nella tempesta mediatica che si è creata e che ha continuato a imperversare per il mese successivo era il momento perfetto per lanciare il nuovo singolo e promuovere il nuovo album Bangerz (uscito a inizio mese).

Io personalmente come discografia post Hannah Montana mi ero fermata a Can't be tamed, tipico inno adolescenziale con tanto di testo ribelle e ali nere nel video, e quell'inno da festicciola nel campo scout cattolico che era Party in the U.S.A.

Torniamo alla domanda di sopra: Who owns my heart.
Mai sentito?
Se la risposta è no allora è chiaro tutta l'evoluzione di Miley da We can't stop a ora. Who owns my heart (ottobre 2010) è stato il primo vero tentativo di togliersi l'etichetta Disney di dosso. Il fatto che nessuno ne abbia parlato come ne stiamo parlando ora dimostra solo che Miley non aveva osato abbastanza: l'atteggiamento da gatta in calore, le gambe nude, la discoteca affollata dove si strusciava con altre ragazze... non è stato abbastanza.
Vedevamo ancora Hannah Montana che "affronta una fase".
Poi c'è stato We can't stop, un testo spensierato accompagnato da un video ribelle, mentre Miley sculacciava le ballerine o mostrava il sedere fasciato nei leggins bianchi era come se dicesse: "Ora capite che NON è una fase?"

Ed eccoci a Wrecking Ball.
Comincio dalla parte più semplice: il testo. Molto, molto autobiografico, è stata appena mollata dal fratello di Thor (aka uno degli angoli del ménage à trois di Hunger Games) e Miley c'è rimasta davvero di merda. 

Anche io ci rimarrei di merda a essere piantata da Liam Hemsworth, sinceramente. 
Ma io con le rime non vado al di là di tradita-margherita o dolore-malore.
Il testo di Wrecking Ball è bello, è anni luce avanti alle lamentele quotidiane di una diciannovenne, è più profondo di quello che ci aspetteremmo da una che chiama "twerk" un semplice sculettare piegata a 90.



Poi è arrivato il video. Miley stava cavalcando l'onda dell'artista trasgressiva e non poteva deludere: il twerk non era più l'asso nella manica, basta cambiare i riferimenti sessuali, lasciare comunque un abbigliamento minimo per non distrarre, et voila.
Leccare un martello, ballare nuda su una palla da demolizione, limonarsi una catena e piccoli accorgimenti tipo mostrare il buco del culo quando il testo dice I just wanted you to let me in.
Non te lo volevo dire, Miley, ma è tardi ora proporre l'anal per salvare il rapporto. Ciò non toglie che non basta mettere un nome famoso per rendere una minchiata pazzesca "arte".

L'effetto inquietante dei primissimi piani a inizio video è dovuto anche all'uso delle circle lenses (http://en.wikipedia.org/wiki/Circle_contact_lens), come mi è stato indicato da un'esperta in materia che si ha fatto un salto dopo aver visto questa scena alle 7.10 di sabato mattina.

Miley Cyrus è un'araba fenice in questo 2013? Ni.
Lo è perché i testi sono più maturi, più belli e più godibili di quelli puramente adolescenziali in Can't be tamed. Bangerz è un bell'album.
Non lo è perché 3/4 della popolazione mondiale, visto che a un certo punto la copertura di notizie su Miley Cyrus era totale, sembra la classica mignottina spuntata dal nulla quest'anno. E pochi perderanno tempo ad ascoltare un'altra delle sue canzoni, figuriamoci un album intero.


BRITNEY SPEARS - WORK B**CH!



E' dai tempi dell'intro di Gimme more che Britney se la prende con una fantomatica "Bitch": prima le dice di stare attenta, ora le da consigli su come avere successo nella vita dall'alto di un video che alterna coreografie in mezzo al deserto, scene di sadomaso soft e macchine da corsa.

Britney è tornata, ma è tornata davvero.
Non come con Scream & Shout  che ci ha fracassato le palle lo scorso inverno, dove ogni tanto spuntava un It's Britney, bitch!, ma veniva sommerso dalla musica a palla che poteva concepire solo uno che aveva scritto l'odiosa My hump.
E non conto neppure Oh la la, un brano per la colonna sonora dei Puffi. Cioè, Britney Spears e i Puffi.

Il testo non è nulla di che, piuttosto semplice. Dalla Britney adolescente che si lamentava della pressione del mondo che la circondava in pezzi come I'm not a girl... not yet a woman o alle prese con i classici problemi da quattordicenni di Oops I did it again! ora abbiamo una Britney mamma-chioccia che ci dice senza mezzi termini: vuoi una bella casa? Una macchina costosa? Allora lavora, stronza.

La cover del singolo fa abbastanza pena: è photoshoppata talmente male che Britney, con un boa di struzzo azzurro, sembra un transessuale con le tette rifatte malissimo che si è appena sparata una striscia E una pera nel bagno pubblico di Molino Dorino.

Il video no, nel video torna la Principessa del Pop biondissima e sensuale. La coreografia è piuttosto semplice, ben lontana dai fasti di Overprotected, ma stava già abituandoci a video senza grandi danze e magheggi vari (vedi I wanna go del 2011). Ormai da un paio d'anni a questa parte la regina della coreografia è Lady Gaga, non ci piove. Ottimi trucchi comunque, tra scelta dei costumi, degli ambienti, delle ballerine cesse da mettersi accanto nei primi piani.

Nel settembre 2013, Britney Spears sforna, a mio avviso, una delle migliori canzoni motivazionali dell'anno. Ascoltiamo Katy Perry quando abbiamo bisogno di una spinta sul piano personale, ascoltiamo Work B**ch! in palestra (cioè, ascoltate), durante gli esercizi di aerobica (ancora decisamente ascoltate) o fuori a correre ("ascoltiamo" iniziale non era decisamente un plurale maiestatis, per quanto mi riguarda era plurale poltronis).



E va bene, la scena di Britney che tiene al guinzaglio alcune ballerine vestite da gatte ricorda molto Beyoncé in Who run the world? con due iene.
Non l'ha copiato. O forse sì, ma non per carenza di idee, per un riferimento, per prenderla in giro, perché avanzavano guinzagli, che ne so. Alla fine non sono nella testa di Britney per dare una ragione valida a questa scelta, ma posso spiegare perché le accuse di plagio (per una singola scena poi) è una gran vaccata: ha fatto tutto un video con elementi di sadomaso. Collare e guinzaglio sono perfettamente adatti al contesto, Beyoncé non ha la proprietà intellettuale del gesto con tanto di brevetto e se proprio vogliamo essere puntigliosi Beyoncé stessa in quella scena ha le scarpe di Lady Gaga in Bad Romance.

Anzi, per completare il discorso dico che Work Bi**ch!  e Who run the world? hanno lo stesso tema, ovvero spronare le donne a fare (e non dare) del loro meglio. Ovviamente il messaggio viene presentato in modo diverso, ma quello è: se lavori duramente (Now get to work, bitch!) potrai un giorno arrivare in alto (Who run the world? Girls!). Diciamo che tra i due messaggi preferisco quello diretto di Britney a quello romantico-ma-spacco-i-culi di Beyoncé, ma i tempi di Bootylicious e delle Destiny's Child sono passati e Beyoncé ora ha altri standard da rispettare.

Intanto Work Bi**ch! ha scalzato Wrecking ball dalla testa delle classifiche statunitensi due ore dopo la pubblicazione.

Britney Spears è un'araba fenice in questo 2013? Minchia se lo è.

[Bonus]

RIHANNA - POUR IT UP
(video, il singolo è uscito a gennaio)



Rihanna adora i culi.


Ma almeno ha capito cos'è il twerk.

martedì 22 ottobre 2013

E anche oggi un articolo interessante

Leggo spesso Vice (http://www.vice.com/it)
Ha qualche inchiesta interessante, peccato che il resto degli articoli non ho ancora capito se rientrano nella fascia "Ci sei o ci fai?" o "Non so cosa scrivere oggi".

Il bello di Vice è che ha una ventina di edizioni in altre lingue. Le inchieste più corpose vengono dall'edizione madre statunitense (qualche volta anche dal Regno Unito e dal Canada), ogni edizione nazionale ha i suoi ehm... "giornalisti" locali che fanno il loro dovere.

Una mia ex compagna di classe nata ad Ankara e trapiantata a Rotterdam mi ha passato questo articolo, preso dall'edizione olandese di Vice: "Ho chiesto a quattro persone perché odiano i bambini" (http://www.vice.com/nl/read/ik-vroeg-vier-kinderhaters-waarom-ze-kinderen-haten).

Ricordo che avevamo parlato di questo quando ero ancora a Leiden: io, lei e la ragazza brasiliana eravamo le uniche tre a non scoppiare di gioia quando vedevamo un pargolo altrui, ma mentre Paòla (la brasiliana) i bambini proprio non li poteva vedere, sia io che Duygu eravamo dell'opinione: "A me piacciono i bambini, non piacciono le bertucce maleducate".

Comunque anche nella "civilissima Olanda", come la definisce mia madre, dire che non ti piacciono i bambini non è ben visto almeno, soprattutto se sei una ragazza, vieni guardata male. Come se dicessi: "Sì, cioè, comunque nelle notti di luna piena sgozzo gattini".

Perché ricordiamolo: se parli male di animali, bambini e omosessuali sei un mostro.

Tornando all'articolo, nel Regno Unito cominciano ad affermarsi molte associazioni di coppie childfree, ovvero quelli che non vogliono figli, ma nel resto d'Europa non è ancora un'opinione ben vista. Di solito non se ne parla molto e quando se ne parla, se ne parla male. E' un argomento piuttosto delicato, non ci si può permettere un attacco a spada tratta contro la categoria che sostiene i bambini, per questo i pochi tentativi a cui ho assistito finora (tra cui un paio di articoli piuttosto feroci sul blog la 27ma ora del Corriere della Sera) hanno scatenato solo polemiche allucinati, non una discussione che porta a dire: "Ah, vero, effettivamente anche il tuo punto di vista ha delle basi solide, anche se non condivido".


Sander Roks, l'autore di questo articolo, si crea un'occasione per scrivere un pezzo che spinga alla riflessione e fa un disastro dall'inizio alla fine.
Anche se la genesi dell'articolo credo sia stata più o meno la seguente: Sander si alza, vorrebbe passare la giornata in mutande a racimolare figa su Badoo e mangiare cereali, ma, cazzo, ha una consegna. Magari però le lettrici di Vice sono meno psicolabili di quelle che si spacciano per Adriana Lima su Badoo, quasi quasi si può arrivare a un compromesso.

Andiamo con ordine.
Sander attacca dicendo che "Mi piacerebbe avere sei figli. All'inizio sarebbero difficili da gestire, ma quando inizieranno a giocare tra loro saranno più tranquilli e si cureranno a vicenda".

Sospiro profondo.




Con questa premessa non capisco se Sander è figlio unico o se è semplicemente deficiente.
Chiunque abbia avuto un fratello/sorella o conosca degli amici che ne abbiano sa che i fratelli giocano pacificamente in media 5 minuti al mese. Per il resto sono risse, urla, appelli alla mamma e pianti. Bastava dire "Questo è mio" o "Voglio cambiare gioco" per scatenare una potenziale zuffa tra me e mia sorella,  tra sei bambini non oso immaginare.
Figuriamoci poi sei bambini che si curano da soli. Conosco fratelli maggiori che si sono dovuti accollare tutta la responsabilità dei 3-4 minori durante infanzia e adolescenza e non sono esattamente felici.

Nel suo mondo idilliaco fatto di bambini che strillano solo appena dopo il parto, Sander si stupisce del fatto che, santiddio, esiste gente che odia i bambini. Come può? Insomma, i bambini sono un dono, sono la cosa più bella del mondo, sono la vita! Come si può odiarli?

Così approda su Twitter e chiama a raccolta gli haters.
Hanno risposto in moltissimi, dice Sander che ci stupisce ancora selezionando 4 personaggi che neanche fuori da un manicomio poteva andare a trovare.

Sarah ha 23 anni.
Dice subito che secondo lei i bambini sono "Pasticcioni, sporchi, casinisti e una merda totale". Non contenta rincara la dose: sostiene che ogni volta che ne sente uno parlare pensa "Muori" e che se bevono un succo di frutta particolare "puzzano da fare schifo".

Mi sorge un dubbio: Sarah ha capito bovini al posto di bambini?
Quando racconta di essere stata importunata da una bambina che voleva a tutti i costi accarezzare la cover del suo telefono a forma di orsacchiotto sul treno, dubito molti riescano a compatirla. Alla quinta visita della bambina, Sarah ha urlato "Lasciami stare, cazzo!" (come avrebbe fatto chiunque) e solo allora la madre se l'è presa perché "Non si parla così a un bambino".

La reazione di Sarah è legittima.
Peccato che prima per 10 righe sia passata come una psicopatica che sparerebbe a vista ai bambini e non è facile ora provare compassione, specie se chi legge fa parte della maggioranza "I bambini sono la cosa migliore del mondo".

Sander poi chiude l'intervista con Sarah dicendo "Se lo scopo della vita è davvero riprodursi, non ti sentiresti in colpa?".
Sarah gli risponde che sostanzialmente non gliene frega un cazzo.


Il secondo intervistato è Tim, 26 anni.
Dice che la prima cosa che pensa quando vede un bambino è "Stammi lontano, cazzo". A parte questo, Tim sembra il più equilibrato dei 4: ha parlato con amici che vogliono figli, non condivide le loro ragioni, ma li lascia fare. Si lamenta dei bambini che fanno casino al cinema.

Sander allora cerca di farlo tentennare con domande cretine: "Andresti a vedere il figlio neonato di un tuo amico in ospedale?" e "Passeresti una serata con il bambino?"

Certo, no? Io odio i ragni, ma se mi regalassero una teca di tarantole sarei entusiasta di tenerla accanto al letto. Sarei entusiasta solo se fosse Scarlett Johansson (aka Vedova Nera in Avengers e Iron Man 2)


Tim dice che andrebbe a trovarlo per gentilezza, ma i suoi amici lo conoscono e non gli chiederebbero mai di tenere il figlio. Sander, deluso, chiude subito l'intervista, la più breve tra le 4.


Poi è il turno di Lilian, 25 anni. Inizia dicendo che dei bambini non sopporta "L'odore di merda, il casino e le domande". Quando ne vede uno pensa sempre "Vattene, ti odio". In vita sua non ha mai gioito alla vista di un pargolo.

Non vedete già le dita dei lettori puntate contro Lilian e pronte a scrivere un commento di fuoco in difesa degli "angioletti sulla terra?" Io sì e sembrano quei gruppi dei villaggi vacanze quando puntano il dito mentre ballano le strofe di YMCA dei Village People.

Anche qui, un po' fomentati dalla presentazione di Lilian e ancora furibondi per le uscite di Sarah, i lettori più amorevoli non riescono a simpatizzare con una che ha osato dire "I bambini puzzano di merda", neanche quando litiga con i genitori di un bambino urlante al supermercato o quando chiede a una cliente nel ristorante dove lavorava se poteva richiamare i figli impegnati a giocare a nascondino con le tende. No, neanche quando si scoccia del bambino che urla da Mc Donald's, anzi, fa proprio la figura della cagacazzo.

Sander percepisce che taglio dare al personaggio e la secca con la domanda: "E se l'amore della tua vita volesse dei figli?". Lei risponde prontamente che è riuscita a convincerlo del contrario: "Gli ho detto quante cose ci saremmo persi, non avremmo potuto fare un viaggio con un bambino"
Ah, povera scema. Che mette davanti lo svago alla meraviglia che un figlio ti può dare, che materialista.

Non contento, le rifila la stessa domanda di chiusura di Sarah: "Se lo scopo della vita è davvero riprodursi, non ti sentiresti in colpa?"
Lilian dice che tanto i cinesi ne fanno a bizzeffe di figli, quindi lei può tranquillamente evitare.

Ah, è pure razzista ora.
Dopo Sarah, ecco un altro personaggio psicotico con cui non è facile essere d'accordo.

L'articolo si conclude con Annemarie, 25 anni.
Annemarie sembra una persona ragionevole: da ragazza voleva dei figli, poi ha cambiato idea crescendo. Troppo ragionevole, infatti Sander la fa capitolare alla fine. Dopo aver chiesto "I bambini vengono sempre da te per raccontarti qualcosa?", Annemarie risponde e poi si butta in uno sproloquio senza senso tipico di chi non ha preso le medicine del TSO o s'è appena scolato 6 o 7 birre: "Perché devo mettere al mondo qualcuno che non me l'ha chiesto e stare al suo servizio per 18 anni?"

Peccato, Anne, stavi andando bene.

Sander è soddisfatto.
Torna nel suo mondo dei 6 bambini contento di aver gettato ulteriore merda sulla filosofia childfree sguinzagliando 3 personaggi le cui tesi potrebbero essere smontate anche da un rincoglionito. Sarah si dimostra aggressiva, soprattutto con quel "muori" e non si può intavolare una discussione con una persona del genere.
Nel tornado di furia, Tim non se lo caga nessuno.
Lilian parte aggressiva e poi viene presentata come un'egocentrica prepotente che sopporta solo sé stessa, neanche le opinioni del fidanzato.
Annemarie, col suo sproloquio, è quella che offre il miglior contro attacco:
- "Anche tu non hai chiesto di nascere, però eccoti qua e non mi sembra che ti stai lamentando" (reazione normale).
- "La vita è un dono, troiaaaaaaa!!1!!11!!!one!!1" (reazione comune).

Qui riesco a leggere distintamente: "Io, davvero non li capisco, ho cercato di capirli, però guardate! Quando pensano ai bambini pensano all'odore di merda, non al profumo di borotalco o alle loro risate innocenti! Sono davvero mostruosi!"



Sander, io non so se tu sei tra quelli che girano alle 6 di sera con gli abbaglianti in paese, con gli occhiali da sole quando piove, che reputano Pannella una persona intelligente o se sei davvero un genio appena mollato dalla fidanzata fuggita inorridita all'idea di dover sfornare 6 pargoli che scrive quanto gli piacciano i bambini per scatenare le lettrici con la fantasia dell'uomo perfetto. Nuovi contatti, chiusa una porta si apre un portone, da cosa nasce cosa e via.
In questo caso, consiglio spassionato: Badoo funziona meglio.

Spezzo una lancia a favore di Sander che ha sì scritto una marea di cazzate, ma almeno s'è sforzato di scrivere e persino fare un appello via Twitter, che è pur sempre da ritardo mentale, ma non come organizzare una galleria quotidiana di 20 immagini su Belen Rodriguez (luglio-agosto) o Miley Cyrus (settembre). Ed essere pure pagati.
Vero Corriere?

venerdì 11 ottobre 2013

E comunque, non so perché, ma mi dispiace

Poco meno di due ore fa ho pubblicato sulla mia bacheca di Facebook questa immagine:


Quindi sono tornata a perdere tempo su Game of Thrones Ascent, lamentando la pessima scelta della posizione per l'edificio dei Tyrell, con tutto lo spazio che c'era l'hanno messo tra quello di Lannister, Stark e Baratheon, creando un'accozzaglia di alberelli, casette e carrelli delle miniere indecente

Poi mi arriva un messaggio privato da parte di una ragazza che ho frequentato durante i miei 6 mesi a Leiden e di cui poi ho perso le tracce:

"Mi dispiace"

In questo lunedì pomeriggio uggioso, ci ho messo un po' a capire cosa volesse dire quel "Mi dispiace" buttato lì, in un messaggio privato da parte di una persona che ho visto per l'ultima volta a maggio 2012. Anzi, non ho proprio capito cosa volesse dire e le rispondo con un pragmatico:

"?"

Il mondo è pieno di svampiti.
Io faccio parte del gruppo ogni volta che ho 5 finestre di chat aperte e finisco per scrivere "ahahahahah" a chi mi ha appena detto "Ho litigato con mia mamma" e "Ouch, come mai?" a chi mi chiede "Ti va se ci vediamo settimana prossima?". Questo "Mi dispiace" credevo rientrasse nella categoria, fino a quando la ragazza in questione mi risponde:

"Per la diagnosi"

La situazione si fa ancora più contorta.
Per rendere il discorso più chiaro chiamerò la ragazza in questione Cristina, così evito lunghi giri di parole e di usare il suo vero nome, nel caso remoto capitasse qui e fosse una di quelle persone che si gonfiano come tacchini quando devono assumersi la responsabilità di quello che hanno detto.
Sta di fatto che
a) O Cristina sa qualcosa sulla mia anamnesi che non so.
b) O non si è ancora accorta di scrivere su una conversazione sbagliata, passando però dal livello "Svampito" al livello "Rincoglionito di grado 1".

"Scusa, continuo a non capire"

Cristina legge, prende tempo. Poi dice:

"Ho visto l'immagine sulle mental illness. Cioè hai avuto coraggio a dire a tutti così della tua malattia :)"

"Ma quale malattia?"

"Quella mentale che ti hanno diagnosticato"


"...ma non ho nessuna malattia mentale"

"E allora perché pubblichi quell'immagine?"

Ho frequentato Cristina per un annetto in Erasmus, poi siamo tornate in Italia, dove io sono tuttora, mentre lei ora vive in un altro paese. Eravamo buone amiche, non abbastanza in confidenza, ma di quelle con cui esci volentieri a parlare di quello che passa per la testa. Questo nostro vecchio legame l'ha spinta a scrivermi, dopo mesi di silenzio: "Ho visto che hai pubblicato qualcosa a favore delle malattie mentali, di conseguenza ti hanno diagnosticato una malattia mentale e mi dispiace".

Spiego poi a Cristina che il mio post non è stato un ammissione pubblica della mia malattia, ma semplicemente un pensiero che ho sempre condiviso dopo aver visto per anni persone che si rifiutavano di ammettere di andare dallo psicologo perché "non voglio passare per pazzo". Abbiamo parlato un po', non so se l'ho convinta, ma almeno ci ho provato.
E ora mi chiedo quanti abbiano fatto il suo stesso ragionamento.

Il messaggio di Cristina mi allarma sotto due punti di vista: il primo è che conferma quanto poco si sa, e quanto poco si vuole sapere, sulle malattie mentali. Il secondo è quell'idea a mio avviso agghiacciante del "Se la questione non ti tocca, perché deve fregartene qualcosa?"


Tutto il blocco classificato come "disturbi mentali" è ancora un enorme tabù, un po' come le malattie veneree,  la prima cosa che viene in mente pensando alle malattie mentali di solito è la pazzia. Nel senso: sei malato di mente = sei pazzo, cosa ci fai in giro? Mannaggia a Basaglia e Orsini che hanno fatto chiudere i manicomi nel 78!
L'ambito di studi è molto recente rispetto a tante altre scienze, forse è anche a questo che va attribuita la confusione in merito. E forse anche all'immaginario popolare che vede gli ex ospedali psichiatrici popolanti interamente da personaggi via di mezzo tra i protagonisti di Qualcuno volò sul nido del cuculo e quelli del  video di The real Slim Shady di Eminem. Un fondo di verità li hanno.

Ma l'errore generale è rilegarle, appunto, a malattie di serie B.
L'errore generale è dire a una persona giù di morale: "Non devi essere triste, c'è gente che sta peggio di te!"
Che è un discorso del cazzo, perché allora quando qualcuno è felice bisognerebbe dirgli: "Non devi essere felice, c'è gente che sta meglio di te!"

Ci sono persone che senza prendere regolarmente lo Xanax (o Alprazolam, contro i disturbi di panico e di ansia) non fanno un discorso sensato, devono prendere lo Xanax come un diabetico deve prendere l'insulina. Prova a dire "Eh, aspetta che prendo lo Xanax" e qualcuno ti potrebbe guardare come un serial killer pronto a colpire.
Le malattie fisiche sono più tangibili e comprensibili, se ti rompi una gamba vai all'ospedale e ti metti il gesso. Se ti salta una sinapsi, eh, non ci metti il gesso.

Anziché fingere che non esistano sono questioni che andrebbero affrontate e meriterebbero di essere affrontate, ma non solo dopo che il soggetto ha ammazzato qualcuno o ha tentato di suicidarsi, perché lì ormai è tardi. Tardi come andare da un paziente affetto da diabete che non si è curato adeguatamente dicendo: "Mi dispiace, ma ti dobbiamo amputare un piede! E' tardi per le cure ormai".
La differenza forse sta nel fatto che nel primo caso il malato poteva far del male agli altri (quindi a me, volendo), nel secondo invece per gli altri non ci sono problemi.


Non ci giro intorno ulteriormente, penso che gli italiani siano un popolo estremamente individualista, la famiglia è il massimo di collettività che si può trovare e, badate, non è una critica: è un dato di fatto. 
Siamo peggio degli olandesi quando si tratta di mantenere e far funzionare i trasporti pubblici ("Se non è mio, è di tutti" contro un nostrano "Se non è mio, non è di nessuno"), però siamo meglio degli olandesi quando dobbiamo tenere in ordine la casa. Alcune case nordeuropee sembrano appena colpite dall'uragano "Non pulisco da 2 settimane", spesso è così.
I nostri diritti sono più che sacri, i nostri doveri, sì, nel senso, un po' anche quelli.

Questo mi porta al secondo punto emerso dalla conversazione con Cristina: "Se la questione non ti tocca, perché deve fregartene qualcosa?"

Dicasi "sensibilizzazione".

If you don't stand for something, you will fall for everything, everybody's got a voice, now stand up and make some noise cantava Alice Cooper in Stand.
Un pensiero talmente logico ed elementare che prima di Alice una frase simile sarà stata incorporata in minimo 200 discorsi. 
Io credo davvero che trattare i disturbi mentali come "malattie di serie B" sia un grosso problema, sotto più punti di vista: causa disinformazione generale, confonde le idee, non permette un trattamento adeguato nei confronti di chi ne è affetto. Quell'immagine là sopra è una delle poche che ho mai incrociato relative all'argomento.

Dire "Mi sorprende che parli di questo argomento se non ti tocca direttamente" è come dire "Mi sorprende tu sia contro l'abbandono degli animali se non possiedi un animale" o "Mi sorprende che tu sia a favore del matrimonio tra omosessuali anche se non sei gay". 
Non ha assolutamente senso, è l'espressione di un pensiero più individualista dei gabbiani che ripetono "Mio?Mio?Mio?Mio?" in Alla ricerca di Nemo.

Che poi, alla fine, se mi va di pubblicare una cosa non capisco perché devo spiegarne il motivo come nelle verifiche di filosofia del liceo "Scegli la risposta e motivala".

E comunque l'edificio dei Tyrell potevano metterlo da un'altra parte.