domenica 27 maggio 2012

L'elogio ai lieto fini mancanti

Rileggendo i post precedenti mi stupisco come io abbia toccato qualsiasi argomento di mio interesse (film scemi, musica dimenticata, pellegrinaggi in ogni dove, fumetti di varie stratificazioni sociali), ma non abbia mai speso neanche mezza parola sui miei passatempi informatici, anzi, IL mio passatempo informatico principale dopo Restaurant City e (ultimamente) i Sims: Spellforce.

Partiamo con ordine: non è un sito porno. è un videogioco. Sconosciuto (ho sempre il cuore tenero quando si tratta di recuperare e avere a che fare con cose che una persona normale non si degnerebbe neanche di guardare). Talmente poco popolare che non ha neppure la pagina di wikipedia in italiano e ormai è introvabile su tutto il territorio nazionale: sono l'incubo del commesso del negozio di elettronica locale, che ormai mi ha etichettata come "Tu sei quella che cerca sempre i videogiochi che nessuno conosce". E ha ragione.


Ma la cosa divertente e anche piuttosto stramba di questo gioco è che non è composto da un solo capitolo: sono 5 capitoli con un sesto in arrivo. Eppure in Italia lo conoscono solo in pochi eletti. Ci sono saghe molto più apprezzate, ma Spellforce sono 2 trilogie, quindi mi sono sempre detta che se sono arrivati a sei giochi qualcuno, oltre a me, li apprezza pure.

Forse è poco conosciuto perché non è americano, ma austriaco. E te ne accorgi, specie quando 3/4 degli errori di gioco sono sottotitoli italiani/audio inglese mancanti e rimani a fissare lo schermo con aria interrogativa chiedendoti cosa devi fare mentre orde di nemici ti piombano addosso. Ah, sì, è una via di mezzo tra gioco di ruolo e di strategia, anzi, un pioniere nell'unione di questi generi.

Si può riassumere tutta la sensazione generale di tutti (e dico tutti) i 5 capitoli in un solo brano della colonna sonora di questo gioco, a un livello decisamente eccelso rispetto al pubblico che è riuscito ad attirare. Ecco, così ci si sente durante e al termine di ogni capitolo.



The Order of Dawn (2003)


Il primo capitolo uscì nel 2003, con una trama che inizialmente non si scostava molto da un classico gioco di stampo fantasy, ovvero con più elementi ripresi da giochi ben più popolari come World of Warcraft o citazioni più o meno ovvie al romanzo principe di questo genere, Il Signore degli Anelli.
Sostanzialmente sei un guerriero immortale reduce da una guerra devastante che deve salvare il mondo. Niente di nuovo sotto il sole, insomma.

Ma il gioco ha subito un'aura di tristezza, di rassegnazione, che non dovrebbe esserci quando i co-protagonisti incontrano l'eroe di turno e questo sentimento di generale disperazione si ripete in tutta la durata della campagna. Anzi, l'eroe stesso è la causa di tutti i maggiori problemi/uccisioni/suicidi che avvengono successivamente e, in qualche modo, non è mai un vincitore. Tutte le missioni che porta a termine (lunghe, infinite, difficili) si risolvono con un nulla di fatto o a vantaggio del nemico. Non è l'eroe alla Capitan America che salva la giornata, ma neanche l'eroe per caso alla Kick Ass che ha fortuna nella sua inesperienza: è un eroe coi poteri di Capitan America che, però, non riesce a combinare niente di più di quello che farebbe una persona normale. E la storia è frustrante in più punti, nel senso che vorresti spaccare il cd in più punti e disperderne le ceneri sulla Milano-Torino. Perché sono giochi che si basano su una catena di errori involontari, un garbuglio di storie e citazioni che emergono piano piano in trame complicate, difficilmente intuibili e ben costruite, che ti fanno pensare: "Però, sti austriaci sanno il fatto loro".
In poche parole, il lieto fine in Spellforce non esiste.

Il gioco è divisibile in 3 tronconi:
1. Cerca il mago che ti ha risvegliato. Dopo infinite guerre e campagne lo trovi e lui viene ucciso.
2. Riporta un oggetto speciale a un altro mago per farti aiutare a sconfiggere il cattivo. E qui tutto bene (per ora)
3. Cerca l'oggetto fondamentale. Trovalo. Fattelo rubare dal nemico che conclude il suo piano per tornare nel passato e girare la storia a suo favore. Questo nemico, guarda caso, è la versione giovane dello stesso mago buono che ti ha svegliato. E qui capisci che questa storia (dal tuo risveglio in poi) si ripeterà in loop per sempre.
Un casino, insomma.

The Breath of Winter (2004)


Anche nel secondo capitolo del 2004 devi salvare il mondo (sei sempre un guerriero immortale, ma non quello di prima), ma stavolta da un drago incazzato che vuole congelare tutti perché qualcuno ha rapito la donna dei ghiacci che gli teneva compagnia. Dopo aver ingaggiato i primi combattimenti, finisci a liberare volontariamente, ma senza saperlo, il cattivo principale dopo esattamente 5 minuti dal filmato iniziale, nemico che sconfiggerai alla fine del gioco.
Sostanzialmente: tutto sto casino non sarebbe successo se avessi chiesto all'inizio "Per che cosa sto combattendo, esattamente?". In compenso vieni maledetto da una spada magica.

The Shadow of the Phoenix (2005)

Il terzo capitolo, siamo nel 2005, ma la grafica non è per nulla migliorata, ma, a mio avviso, è il migliore dei tre. Non devi salvare il mondo, ma te stesso dalla maledizione che ti trasforma lentamente in un essere detto "Ombra". Un'ombra, appunto, ma pericolosa e cazzuta.
Intanto vieni trascinato dal vortice della storia, ovvero salvare quella parte di mondo da un mago malvagio risvegliato (senza saperlo) poco prima da un altro guerriero immortale (alt: ricordate il punto 2 del primo gioco? "Riporta un oggetto speciale..." ecco. Guarda un po' chi è tornato a far casino).
Rispetto ai primi due (e nonostante il protagonista sia lo stesso del secondo capitolo) qui l'eroe è visibilmente rassegnato, arrabbiato col mondo, che va avanti per inerzia. Questa sensazione frustrante, ben presente anche nei primi capitoli, qui rimbomba in ogni elemento, i dialoghi, il mondo inquietante e decadente in cui viaggia, personaggi che parlano sempre di "ultima possibilità", "soluzione estrema", "fine prossima". E, alla fine, succede di nuovo: salvi il mondo, ma non te stesso, dopo aver assistito a una serie di morti causati dalle tue azioni. Diventi un'ombra e sparisci, come il protagonista precedente, negli ingranaggi della leggenda.

Spellforce 2- Shadow Wars (2006)

Qui inizia la seconda trilogia con Shadow Wars, seconda perché ha un protagonista del tutto nuovo: sempre immortale, ma questa volta non un lupo solitario reduce da una disastrosa guerra, ma un vero e proprio popolo legato ai draghi, maledetto a causa di un mago (nessuno di quelli già apparsi).
Non illudiamoci: la tristezza e la rassegnazione ci sono sempre, questa volta  si aggiunge solo il comportamento da buon samaritano. Il personaggio è un eroe per caso, discendente di gente bistrattata e ignorata da buoni e cattivi che, suo malgrado, si imbarca in una guerra per salvare prima la sua gente, poi il mondo intero. Alé.

Cosa succede? Anche qui 3 tronconi:
1. Cerca di salvare il tuo popolo con l'aiuto dei buoni. Non ci riesci. Il Cattivo vince su tutta la linea.
2. Decidi di inseguire il cattivo. I buoni non ti seguono, devi chiedere aiuto ai cattivi, tra cui un'Ombra maledetta (ricorda qualcuno?). Salvi i cattivi, ma perdi contro il Cattivo, che si rafforza.
3. I cattivi ti abbandonano, sei solo tu contro il Cattivo. Lo sconfiggi, ma tu sparisci.

Dragon Storm (2007)

L'ultimo capitolo, per ora, è incentrato sulla ricerca del protagonista del primo capitolo. Secondo me la storia meno interessante tra tutte, se non per scoprire che il tuo amico è morto (a proposito di lieto fine) e ora tutto il mondo sta davvero crollando a pezzi.

Si può capire come in più punti si ha la sensazione di procedere con la storia per niente, alla fine del quinto capitolo troviamo il mondo in condizioni peggiori rispetto a come era stato presentato all'inizio del primo. Dove sono i lieto fine, la speranza e i salvataggi in extremis dei più tipici videogiochi, dove magari il protagonista non salva tutto e tutti, ma il necessario per ricominciare da capo. Non abbiamo protagonisti coscienti di sé, osannati dal mondo intero, ma spesso dimenticati e lasciati a sé stessi. Anzi, qui più ti avvicini alla vittoria, più si paventa il disastro, nessuno dei protagonisti ne esce vittorioso (e ne abbiamo ben 4 diversi, tra cui: uno scompare, uno viene maledetto, uno muore e uno si sacrifica. Insomma, non è una bella prospettiva).

Spellforce sembra costruito per essere qualcosa a cui il giocatore abituale di RPG non sembra essere abituato, più che curare l'aspetto grafico si cura di stupire e lasciare a bocca aperta con evoluzioni della storia imprevedibili e protagonisti completamente fuori da ogni schema. Nella prima trilogia questo era molto evidente, nella seconda si è cercato di aggiustare il tiro rendendo, ad esempio, il protagonista l'ignaro eletto del suo popolo, il portatore dell'Anima, come viene definito, il prescelto della sua epoca per portare in sè l'anima del mago malvagio padre della stirpe. Ma, niente paura, questa goccia di "già visto" (e anche un po' da sindrome di Mary Sue) si perde nelle catastrofi successive, che fanno pensare "ecco, QUESTO è Spellforce".

Da notare anche la stoica neutralità che accomuna tutti i protagonisti di tutti e 5 i capitoli, che si alleano prima con i Buoni per sconfiggere i Cattivi, poi con i Cattivi per massacrare i Buoni. Anzi, qualcuno ha fatto notare come, in tutti i giochi, quelli a essere più massacrati sono i Buoni. Vendetta per essere considerati degli outsider? Messaggio politico del tipo "non esistono solo buoni o solo cattivi"? Non saprei dire.

E ora siamo, anzi sono in quanto unica giocatrice nel raggio di 100km, in attesa dell'ultimo capitolo della saga: contando che non si sono mai preoccupati di raccontare, come molti fanno, quello che c'è stato prima dell'inizio di tutto, preferendo affidarsi alle informazioni frazionarie e anche contrastanti che si raccattano qua e là nella storia, mi aspetto di ricominciare da come l'ho lasciato: un mondo distrutto, a pezzi, prossimo alla fine. E, questa volta, pare davvero quella definitiva.

sabato 26 maggio 2012

Reincarnazioni e lobotomizzazioni

I libri che ti obbligano a leggere per gli esami hanno effetto soporifero o lobotomizzante, dipende dal momento della giornata in cui si decide di affrontarli. Dopo aver scoperto che I Simpson sono compresi nella programmazione del sabato (gioia e gaudio) e aver quindi rimandato i miei doveri scolastici, Vite di uomini non illustri di Pontiggia è slittato così dall'ora della pennichella post-pranzo a quella della veglia produttiva del primo pomeriggio.

Peccato che nel weekend Italia 1 spari di quei film assurdi e dimenticati dai più a tema: sabato "film per ragazzi", domenica "film catastrofici". Di solito mantengo abbastanza sale in zucca per fuggire a gambe levate da questo decadimento neurale, ma oggi, complice Pontiggia e un divano piuttosto comodo, mi sono trovata a bermi la coppia di film scelti per il "pomeriggio ragazzi".

Sydney White -Biancaneve al college (2008)

La valanga di remake sulla fiaba di Biancaneve che hanno sommerso le sale nei primi mesi di quest'anno mi hanno fatto pensare: perché? Perché ora e insieme, Biancaneve (con Julia Roberts, la versione comica della favola rivista dalla regina) e Biancaneve e il cacciatore (con Charlize Theron, Kristen Stewart e sia-sempre-glorificato Chris Hemsworth, la versione più battagliera, cupa e di certo più pubblicizzata del racconto originale)?. Mi ha stupito mancasse la classica revisione applicata alla vita da college americano. Mancava perché c'era già.

Sydney White è arrivato in Italia direttamente in home video, il che significa: nessuno sa che esiste. Però, nonostante le premesse (favola in chiave moderna applicata agli universitari americani) è assolutamente guardabile. Sì, la partenza è stata decisamente borderline: una ragazza, cresciuta al cantiere con il padre idraulico (qui è carino), pronta ad andare allo stesso college frequentato dai genitori e a entrare nella stessa confraternita della madre, morta quando lei era ancora bambina (qui è banale).

Peccato che la confraternita in questione sia quella delle più dive di tutto il campus, persone con cui una ragazza cresciuta tra martelli e saldatrici non ha nulla da spartire. Una volta però capiti i ruoli dei vari personaggi sia della fiaba classica che di questa versione (dove i nani sono caratterizzati in modo notevole, devo dire) l'intreccio si fa più interessante. Ovvio, i momenti di banalità non mancano, ma sono sopportabili rispetto alla media dei film ambientati nei college. E ora, dopo aver vissuto 5 mesi a contatto con gente di confraternite posso dire che come vengono rappresentati nei film (arroganti, irrispettosi e piuttosto superficiali) non sono estremizzazioni, sono davvero così: con eccezioni, ovvio, ma la maggior parte sono così.

Perde un po' qua e là, ma riesce a bilanciare tutto quello su cui vuole lavorare: la realtà non viene devastata per rimanere fedele alla fiaba, così come quest'ultima non viene ribaltata per adattarsi alla vita del college americano. Nel cast, poi, non c'erano star di particolare rilievo, tranne forse Sydney stessa (Amanda Bynes, che negli ultimi anni è sempre stata la strega e mai la principessa, cattiva sia in Easy A che in Hairspray). Non so se era voluto l'atteggiamento a tratti tontolone di Sydney o io ero influenzata dal fatto che la sua doppiatrice era la stessa di Phoebe di Friends, ma stava bene anche così.


Avalon High (2010)


La maggior parte degli Original Movie di Disney vengono da serie tv che penso tutti abbiano almeno incrociato una volta nel pigro zapping pomeridiano: così abbiamo Zack e Cody -Il film, The Cheetah Girls ecc. Oppure film originali che hanno tra gli interpreti i soliti attori della scuderia Disney.

Ecco, Avalon High non è niente di tutto questo. Il cast è pressoché sconosciuto, raccattato qua e là da produzioni cinematografiche di piccolo calibro o da comparsate in qualche telefilm e si vede: probabilmente è un tentativo di lanciare qualche nuova stella Disney che avrebbe seguito le orme di Zac Efron, Miley Cyrus (ma anche no) o Demi Lovato (vedi nota precedente). Ma nessuno dei protagonisti è riapparso in altri progetti Disney di recente, quindi mi sa che non hanno centrato l'obiettivo.

Il film è stato trasmesso in Italia un anno fa solo da Disney Channel e, per finire ora nella programmazione pomeridiana di Italia 1, vuol dire solo una cosa: quasi nessuno sa che esiste.
Partiamo con calma: è chiaro il riferimento alla leggenda di re Artù perché, difatti, è la rinascita di Artù ai giorni nostri (a quanto pare era la giornata di fiabe e leggende negli anni 2000). Inizia non in modo fiacco, di più: ragazza appena trasferita, figli di insegnanti di letteratura inglese appassionati di re Artù che finisce in una classe con corso monografico proprio su re Artù (che culo). E non solo, sogna anche re Artù, ma qui si rasenta la psichiatria.

Cosa succede? è previsto che Artù, Mordred e compagnia cantante si risvegli la notte di un'eclissi e le rispettive reincarnazioni si scontrino, seguendo le inimicizie della leggenda originale.
Nei primi 60 minuti (su 90) hai già capito chi è Artù, chi Ginevra, chi Merlino e pensi di essere davvero lobotomizzato per andare avanti a vedere una cosa simile. Poi, bom!, sorpresa finale che non fa quasi più rimpiangere i 60 minuti di fusione sul divano e pessima recitazione iniziale.

Con questo non dico che la storia è pessima, dico che non è adatta ad essere un lungometraggio: se avessi visto il poster prima del film avrei pensato fosse una serie televisiva. Anche il titolo sembra suggerirlo.
E di certo una decina di episodi applicati a questa storia (lasciando come sono i ruoli) sarebbe stato di certo più coinvolgente: una storia inizialmente tranquilla con colpi di scena qua e là non è per caso una trama tipica di tante serie tv? Mi è capitato di vedere (purtroppo) un paio di episodi dei Maghi di Weaverly e la struttura, come i temi, somigliano non poco ad Avalon High, anzi, forse era persino più stupida. Però nel formato serie tv ha funzionato, mentre il film, stando alle recensioni, è stato un mezzo disastro.

La Disney dovrebbe lasciar perdere queste sperimentazioni e buttarsi a capofitto nei lungometraggi animati o nelle serie tv per ragazzi. Per ora punto tutto al film d'animazione per il 2012, Brave -coraggiosa e ribelle, che porta la Disney per la prima volta in Scozia e riporta sugli una protagonista rossa, che manca dal 1991, l'anno de La Sirenetta (i 2 seguiti non li conto neanche).
Per ora si presenta bene.

sabato 21 aprile 2012

We are the 80s

Non sono morta, avevo solo dimenticato la password e come si arrivava su blogger.

Festeggiamo la rinascita con buona musica anni Ottanta, cara compagna da molti mesi a questa parte con la regola "più è trash, meglio è". Risparmierei le orecchie altrui evitando Sabrina Salerno e la sua celeberrima hit Boys, facciamo qualcosa nella media, suvvia. Che tenga compagnia mentre riassetto questo posto dimenticato