domenica 22 maggio 2011

Evoluzionismo poco darwiniano


Dovrei studiare, non cazzeggiare in questi giorni, ma ieri sono inciampata, del tutto inconsapevolmente lo giuro, in un episodio della prima serie dei Cavalieri dello Zodiaco, quella degli anni Ottanta.Li trasmettevano quando avevo circa... ehm... 6-7 anni (mi pare fosse intorno al 1997), prima su Telelombardia, poi finalmente su Italia 1 e, oh, li adoravo. Loro e Sailor Moon. Una scelta molto equilibrata, devo ammettere, passare dalla scalata alle 12 case a una bionda svampita che implora l'aiuto del cavaliere mascherato.

Sailor Moon ultimamente sta godendo di una nuova primavera, vedo prodotti ovunque e ho anche visto apparire in edicola la nuova edizione del manga (copertine in plastica fantastiche, ma checcavolo, 5 euro? No, dico, 5 euro?!).

I cavalieri li abbiamo persi negli archivi Mediaset. Ammetto che mi affascinava tutta l'idea di fondo delle costellazioni e non si può non riconoscere la genialità di Kurumada nel rielaborare un tema che avevamo sotto gli occhi (anzi, sopra le nostre teste) tutto il tempo in modo così originale e accattivante.
Un po' come Kishimoto ha fatto con i ninja in Naruto.
Ammetto, però, che all'epoca facevo un po' di fatica a seguire i dialoghi e che mandavo avanti gli episodi registrati su cassetta col logo di Telelombardia in basso a destra (ah, la preistoria!) quando iniziavano a parlare di moralità, rispetto per l'avversario, forza di volontà.

Riprendendoli adesso questi discorsi e il loro sublime doppiaggio hanno un senso e un filo logico, il che nobilitava i cavalieri rendendoli, a mio avviso, una produzione di gran lunga superiore a quelle che giravano all'epoca (mi riferisco tra gli altri a Ranma 1/2, Dragon Ball, che adoravo, mettiamo in chiaro, ma erano tutt'altra cosa: Goku e compagni preferivano monologhi a urli da far invidia a Rob Halford degli anni migliori e i flussi di coscienza di Ranma erano sostituiti da una sovraesposizione di tette e mutandine).

La cosa che non ho mai e dico MAI amato dei Cavalieri era il manga originale, arrivato in Italia nel 1992 (avevo 2 anni all'epoca, per questo il primo numero originale l'ho preso a 11 anni) con la Granata Press (la stessa di Ken il Guerriero, Ranma 1/2 e Lady Oscar per esempio).
Fallita la Granata, la Star Comics si è incaricata di portare avanti le avventure dei Cavalieri, ma diciamocelo: i disegni, a mio avviso, era
no davvero pessimi.

Non ho nulla da dire sulla storia, ma tuttora quando trovo i miei vecchi manga e vedo quei visi storti e spiattellati sul foglio, talvolta senza proporzioni, come la grafica di Pokèmon Blu per il Game Boy Color mi viene la tristezza addosso.

E mi sa tanto che la tristezza è venuta anche a quelli che ci hanno dovuto lavorare per creare l'anime. Non solo avevano il problema dei disegni, ma avevano anche il problema colori: nel bianco e nero del manga, infatti, i personaggi biondi con armature d'oro (più di quelli che si immaginano) non davano fastidio. Nell'anime avrebbero dato fastidio come le piastrelle bianche del marciapiede in Corso Buenos Aires sotto il sole di Luglio, per intenderci.

Ed ecco spiegato l'abbondanza di personaggi con capelli blu/verdi nelle prime serie (guerra galattica, le 12 case, Asgard e Nettuno). Il doppiaggio, come ho già detto, era sublime, la qualità dell'anime era splendida per l'epoca e il successo è stato enorme. Ma all'appello mancava la serie di Ade. La serie classica terminò nel 1989.

La primavera dei Cavalieri dello Zodiaco è arrivata nel 2002, quando, finalmente, anche la serie di Ade ha avuto la sua trasposizione in anime. Colori brillanti delle nuove tecnologie hanno permesso di ravvivare quel festival funereo di nero-grigio scuro- grigio ponga-viola e un'esplosione di personaggi con gli occhi verde ringhiera ha rilanciato Pegasus e compagni.

Non si può dire lo stesso della loro versione cartacea. Salvando il salvabile, nel 2002 partì il nuovo manga, Episode G, una specie di preludio alla serie classica e alla scalata delle 12 case. Storia interessantissima, ma di nuovo sbagliati i disegni, questa volta affidati a Megumu Okada, dallo stile più vicino a quell'abominio sdolcinato e colorato di Principesse Sirene, col risultato che i personaggi avevano gli occhioni grandi e i fisici minuti delle principesse canterine, mancavano giusto i microfoni e i bikini a forma di conchiglie. Per la cronaca, la serie è ancora in corso, i cavalieri, non le sirene, grazie al cielo.

Non solo l'anime, anche i film dei cavalieri andavano forte, il problema è sempre stata la versione cartacea. Nel 2006 è stato quasi (e dico quasi) un sollievo vedere Kurumada rimettersi al lavoro con le illustrazioni di Next Dimension-Myth of Hades che riprende la serie di Ade rivedendone gli avvenimenti e modificandoli attraverso salti temporali.
Nel 2006 avviene anche il miracolo cartaceo: mescolando lo stile di Kurumada a quello dell'anime, Shiori Teshirogi, oltre ad essere la prima donna a mettere concretamente mano alla serie, rilancia anche i cavalieri in versione manga con Lost Canvas. Volumi piccolissimi dal prezzo più che abbordabile e con disegni che rendono finalmente giustizia a tutta la saga.

Per calmare i fan che avrebbero obbligato la Teshirogi a ridisegnare tutta la serie pur di vedere anche un solo cavaliere con la faccia dritta e non a forma di trapezio spastico, i personaggi di Lost Canvas sono la copia sputata dei personaggi della serie classica (vedi i cavalieri d'oro, addirittura con le stesse pettinature e simpatie/antipatie tra di loro). Cosa mancava alla perfezione di Lost Canvas? La serie animata, iniziata nel 2009 e tuttora in corso.

Ok, ci sono ancora un paio di racconti in sospeso e anteprime che Kurumada ci ha fatto assaggiare, ma che tiene ancora gelosamente nascoste negli anfratti della sua scrivania, ma per ora ci accontentiamo di Lost Canvas. E delle fanart che, permettetemi, talvolta sono anche meglio delle illustrazioni originali.

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